Le Donne dell'Antico Testamento sono anch'esse persone e come tali le ha recepite in sé l’artista che se le sente vicine, con i loro sogni e loro tormenti, metafora della condizione femminile in quello stesso teatro della vita. La donna si fa eroina, si assume un ruolo di responsabilità e l’artista se lo assume con loro. Difficile il ruolo dell’artista, sempre nel disagio di vedere il mondo con occhi diversi, con occhi, appunto, da artista. Ed ecco queste Donne dell’Antico Testamento farsi immagine palpitante di quel disagio. Sospese come sono tra passato e presente, sottratte al tempo storico per farsi immagine di tutti i tempi, sono chiuse nel loro silenzio e nel loro dolore. Non chiedono la partecipazione di chi guarda e proprio per questo provocano il fruitore che si sente impotente e penetrarne il mistero ma ne rimane tuttavia sedotto. La solitudine di Agar e Ismaele, la sottomissione di Rut, la fatica di Eva, sono il peso del lavoro, l’angoscia del rifiuto, il sentimento profondo della maternità e l’impossibilità a sottrarsi dalla dipendenza che accomunano tante storie di donne. A tale ciclo appartengono, tra le altre, opere come “Le due Madri”, ispirato al legame tra la Madonna e Sant’Anna, e “Maddalena”. Si tratta di riflessioni che, dall’accezione iniziale, si dilatano nel tempo e nello spazio fino ad includere le donne di oggi. Ecco dunque che il legame tra la Vergine e sua Madre, si fa icona di tutti i rapporti madre-figlia nel delicato momento della gestazione della figlia che si sta a sua volta trasformando in madre e che quindi sembra voler assorbire dalla propria genitrice la sapienza profonda ed il sentimento panico che il nuovo ruolo richiede. Maddalena si fa immagine di tutte le donne che trovano nel pentimento la loro redenzione, che “ricuciono” l’abito sfilacciato della loro vita, che riescono a riemergere dal buio dell’anima. Stefania Severi Dalla Parola all’ immagine L’inizio ha un nome “le due Madri”. Da lì è partito il mio diverso cammino di lettura della Bibbia. Con quel suo dire remoto, distante dal mio sentire che era stato fino ad allora un guardare di svista, senza vedere. Sono pittrice di persone. Una curiosità nuova mi aveva preso dopo aver reso Maria e Sua madre Anna. Accorgermi che nelle storie delle donne bibliche potevo trovare argomenti e problematiche attuali mi stimolava a cercarle. Cercavo impronte che mi portassero a queste figure antiche per raccontarne la caratterialità e la storia come al presente. Mi giungeva così un dono: l’aiuto di un’anima–sorella, che ha aggiunto i suoi passi ai miei e da allora mi accompagna parlandomi di loro. In questa atmosfera intonata d’azzurro, procede lo svolgersi dell’espressione passando per una serie di azioni in levare, per comprendere: leggo, ascolto, mi documento, condivido, mi confronto, penso. La struttura sulla quale “penso”e costruisco l’immagine dipinta è fatta di due-tre vocaboli solitari, significativi ad esprimere il soggetto del racconto e la sua mimica. Poi aspetto in disparte. Occupo un tempo di faccende ordinarie preghierando, in attesa che un’Armonia si faccia avanti per combinare quei vocaboli ed assestarli assieme. Allora prende forma la composizione, dopo aver percorso la via di un colloquio intimo e personale: da esule, torna agli altri per essere restituita. L’immagine compiuta della ”donna” viene così a raccontarsi, autonoma, nel proprio vissuto interpretato. Ritraendo queste donne, tento di riassumere la loro “eccellenza” in un insegnamento concreto dal quale “imparo”. Da pittrice, le vedo con uno sguardo di recupero, come donna le sento vicine e contemporanee. Nella quotidianità le incontro tutte, abitano il cuore di ogni donna. Ora, mi trovo a dire che questa nuova lettura è il mio viaggio senza fine e che il mio incontro con ognuna di loro e ognuna di noi continua in un girotondo di mani prese. Lorella